Mario Greppi era giunto a Milano la mattina del 21 agosto
dall'Ossola, dove combatteva con le formazioni Matteotti. Doveva portare alcuni documenti a un superiore e doveva
ritirare del materiale di propaganda. L'incontro avvenne in piazza Piola, ma mentre Mariolino stava consegnando i
documenti, si avvicinavano due uomini in borghese, che si rivelarono poi per spie fasciste. Mario non riuscì a
sottrarsi alla cattura, anche per favorire la fuga del suo superiore, che riuscì. Fu portato in una caserma,
interrogato e trovato in possesso di documenti compromettenti. Si tentò, allora, di usarlo come «esca» per catturare
il suo comandante. Lo portarono a casa sua, in viale San Michele del Carso, bloccarono una telefonata; e, falsificando
la sua voce, diedero un appuntamento a un compagno di lotta di Mariolino. Poi lo portarono in un esercizio pubblico
di piazzale Baracca, dove appunto doveva avvenire il nuovo incontro. Ma Mario Greppi non voleva compromettere il suo
compagno. L'unico modo per evitarne la cattura era quello di tentare la fuga, a qualsiasi costo. E così fece, cercando
di salire su una vettura tranviaria. Il suo generoso tentativo ottenne il risultato voluto: salvare il compagno di
lotta, anche a costo della sua vita. Il piombo fascista, infatti, lo raggiunse: la vettura fu bloccata subito ed egli,
che tentava di scappare a piedi, fu colpito a morte, a pochi passi da casa. Morì due giorni dopo. Vano il commovente
tentativo dei compagni di lotta per ottenere la sua libertà con uno scambio di prigionieri tedeschi e fascisti,
catturati proprio in quei due giorni e per quello scopo. (Alberto Delfino, La storia di Milano nelle lapidi
UN LIBRO DA 100 TONNELLATE, Ufficio Stampa del Comune di Milano, 1972, pag. 56)