‘A MADONNA DA’ MUNNIZZA
(LA MADONNA DELLA
SPAZZATURA)
di M. Rachele Fichera
Se pochi sanno che a Catania, lungo la via
Teatro Greco, a ridosso del muro di cinta del Monastero dei Benedettini, proprio di fronte alla caserma dei
Carabinieri al civico 111, esiste un'edicola sacra, detta "'a Maronna da' munnizza", pochissimi sanno in quali
circostanze fu eretta da un cittadino devoto.
Egli volle riportare con tutti gli onori un'immagine della Madonna
Dolorosa col Cristo morto in grembo, che oggi vi è custodita, nel luogo dove era stata rinvenuta proprio in un
cumulo di spazzatura.
Quel devoto era il mio bisnonno materno.
Si raccontava in famiglia che una mattina,
mentre Ciccio Pavia stava, come al solito, seduto su una seggia (sedia) dietro il piccolo banco a guardia del suo
negozio di tessuti in via Manzoni, tra la teoria di gente di tutte le condizioni che veniva ad omaggiarlo per un
favore, una trattativa per una partita di merce, per un taglio di cappotto a buon prezzo, per proporgli un affarone,
per un pettegolezzo, pi' cunnucirisi (per passare il tempo) si fece spazio 'u munnizzaru (spazzino,
operatore ecologico…), personaggio endemico del quartiere con titolo ereditario, che gli mostrò un oggetto che aveva
trovato tra i rifiuti: era un'immagine sacra dipinta su tela, molto rovinata. Aveva la fattura di un'opera popolare
ma elegante, forse era un brandello, forse quello che restava di un quadro più grande smembrato, certo non interessava
più a chi con gesto sacrilego l'aveva gettata via.
Ma 'u munnizzaru non aveva intenzioni meno prosaiche e,
scusandosi con tutti i santi per le vili necessità della vita che lo costringevano, chiese per quell'oggetto un
compenso adeguato al grado d'importanza di Gesù e Maria che aveva salvato.
Nonno Ciccio non fece questione di prezzo,
giusto un ritocchino perché così imponeva l'uso onorevole della discurruta (contrattazione), soprattutto
perché in cuor suo sentiva che quella madonna gli veniva incontro per aiutarlo. Aveva infatti un problema, una
questione di salute che lo affliggeva e gli sembrò che quella mattina Maria fosse entrata nel magazzino chiamata
dalle preghiere della nonna Rosa: così, mentre snocciolava le monete nella grezza mano dell'uomo, a Maria fece voto
che, se Lei era lì per esaudirle e l'avesse fatto senza perderci troppo tempo, avrebbe eretto un sontuoso altarino
a quella sua immagine nello stesso luogo dove era stata ritrovata.
Nessuno in famiglia sapeva di quale male soffrisse
il nonno, non se ne parlava e quindi probabilmente lo feriva oltre che nel fisico anche nell'orgoglio, inducendolo,
lui così pragmatico, a non rifiutare l'aiuto celeste… Fatto sta che l'altarino fu eretto, come forse qualcos'altro,
per quella "grazia (infine) ricevuta".