Legge che recitava, secondo la versione dello storico Tristano Calchi (Historia Patriae, lib. 8, p. 269): “Novae leges latae adversus haereticos, quorum multiplices, et inauditis nominibus distinctae sectae erant; nam praeter Patarenos, quorum supra in Arnulpho memini, Cathari, Carani, Concoretii, Fursici, Vanii, Speronistae, Carantani, Romulares nuncupabantur; haecque labes non minus ad foeminas, quam viros pertinebat. Ita utrique sexui irterdicta superstitio est: proposita poena capitis, et domorum destructionis iis qui in ea perseverarent, aut tecto reciperent, alioque juvarent. Et subsequente anno, mense januario, Gufredus cardinalis sub titulo Sancti Marci, legatus pontificius, Mediolanum ingressus, lege sanxit (de comuni tamen archiepiscopi, ordinariorum, et populi consensu) ut praetor damnatos judicio ecclesiastico, intra decem dies capitali poena afficiat”.
Ciò significa, secondo la traduzione data dal Verri nella sua Storia di Milano: “Nuove leggi promulgate furono contra gli eretici, dei quali moltiplici erano le sètte e con nomi stranissimi distinte; perciocché, oltre i Patareni, dei quali ho fatto già menzione parlando di Arnolfo, nominavansi i Catari, i Carani, i Concorezii, i Fursici, i Vanii, gli Speronisti i Carantani, i Romolari; e questa peste non meno attaccavasi alle femmine, che agli uomini. Fu all’uno e all’altro sesso vietata questa superstizione, minacciandosi pena capitale e distruzione delle case a coloro che in essa perseverassero, o i colpevoli nelle case loro ricevessero, e in altro modo gli aiutassero. E nell’anno seguente, correndo il mese di gennaio, Goffredo, cardinale di San Marco, legato pontificio, entrato in Milano, stabilì per legge, (di comune consenso tuttavia dell’arcivescovo, degli ordinari e del popolo), che il pretore di pena capitale punisse entro dieci giorni coloro che dannati fossero per giudizio ecclesiastico”).
(L’informazione mi è stata gentilmente trasmessa da Mauro Colombo, studioso appassionato di antichità milanesi).