AD ANTONIO FRATTI
I Era sui culmini, o forte, era l’aurora sul monte, quando, quel giorno, la fronte volgesti alla luce lontana? era, tra i cantici della dïana, l’aurora... o la morte? Chi discendeva a quell’ora per le boscaglie di querci col calpestìo d’un esercito grande sopra aride frondi? chi salutarono i rombi profondi? la morte... o l’aurora? Ché tu sapevi dal vate Acarnane, la sorte qual era. Egli gittò nelle sacre fontane la pietra sua nera. Disse: – Adornatevi, eroi; cingete ai capelli le bende! ché con l’aurora tra voi la morte dimane discende –. II Ma non venivi, io ricordo, da Lacedemone cava tu; né tuoi figli ora lava l’Eurota sonante di canne, e non li bea nelle nove capanne l’arguto eptacordo. Né tu da Tespie o da Cirra, né dalla ricca Corinto; dove l’etère dal cinto leggiadro hanno i mille lavacri: mille fanciulle vi bruciano lacrime bionde di mirra. Te questo lido mandava, ch’Esperio fu detto; e la gente ch’ospite accolse i penati e l’imperio di Roma morente. Ché se uno squillo si senta passar su Romagna la forte, tutti d’un cuore s’avventano tumultuando alla morte. |
III Oh! non da Sparta la possa, né tu la voglia pugnace, né l’ubbidire che tace tra sé venerando il destino, né tu da Sparta l’avesti, o latino, la clamide rossa. So che al fuggevole Alfeo, Sparta, e nei borri d’Itome rossi passavano, come ruscelli di sangue, i guerrieri tuoi, su le tibie intonando embateri del vecchio Tirteo. Ma più vivaci, strie lunghe di fuoco, gittò le sue turbe fulvo un eroe, perseguendo nel fioco crepuscolo l’Urbe... Ciò fu nei tempi che ai monti stridevano ancor le Chimere, quando nei foschi tramonti Centauri calavano a bere... IV Altri, altri tempi, che prischi chiama lo stanco sorriso nostro! Egli dorme in un’isola, immemore di cavalcate: dorme, ed intorno la stridula estate riempie i lentischi. Dorme. Ma come, o guerrieri, come l’udiste la voce sua, così dolce e feroce, gridare: «Qui, figli, si muore»? Fratti, qual vita viveva il tuo cuore cui oggi fu l’ieri? Fratti, se morti non erano i morti per l’alto tuo cuore, anche tu vivi. Non muoiono i forti già, come si muore. Altri si piega e distende, ma in piedi altri resta e dimora, come una statua che accende nel bronzo perenne l’aurora. |