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"Insegnò filologia classica a Basilea, fu uno degli amici più intimi di Wagner, dal quale però prese poi le distanze. E tutta la vita e l'opera di quest'uomo furono caratterizzate da svolte improvvise, da passioni profonde, dall'apolide girovagare che ne fece un autentico cittadino d'Europa. Soggiornò a lungo in Italia, sino al crollo psicologico avvenuto a Torino nel gennaio 1889, al quale seguirono dieci anni di silenzio, sino alla fine. Nietzsche affermò che sarebbero stati necessari due secoli per comprendere il suo pensare. Una previsione che va realizzandosi attraverso la quantità enorme di libri e di studi che gli vengono dedicati, anche da parte di alcuni dei più importanti filosofi del Novecento. Nietzsche è soprattutto il simbolo di una radicale libertà intellettuale, quale emerge in alcune opere giustamente celebri come La nascita della tragedia (1872), La gaia scienza (1882), Così parlò Zarathustra (1883-1885), Genealogia della morale (1887), Ecce homo (1888, scritto a Torino)" ( Alberto Biuso) L'opera dello scultore Ignazio Fresu è ispirata allo scritto dialogico del filosofo intitolato Il viandante e la sua ombra (1879). Peccato che la dotta targa illustrativa non sia riuscita ad evitare refusi come, ad esempio, la virgola fra soggetto e predicato verbale (riga 7 e 12) e la mancanza di apostrofo in un'elisione (riga 20). |
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(Testo)
Il Viandante e la sua ombra
Installazione dello scultore Ignazio Fresu, ispirata all'omonima opera del filosofo Friedrich Nietzsche.
Ogni momento è nuovo, in un'ora tutto è passato. Un viandante solitario, un libero pensatore, un migrante, è più di altri spettatore avvezzo all'infinita alternanza di paesaggi diversi, costumi divenuti oramai obsoleti, incrollabili certezze che inducono nel ricordo un ghigno di vergogna. Il viandante nietzscheano, confida alla propria ombra di non dirsi più sorpreso da nulla dopo aver "visto in un bosco presso Pisa prima due e poi cinque cammelli", scriveva Nietzsche nel dialogo. Il bosco in questione è il parco di San Rossore, a pochi chilometri dal luogo dove al giorno d'oggi Fresu lavora ed espone. Il tema della transitorietà di ogni cosa, si riflette negli ultimi dieci anni di attività dello scultore italiano, impregnata di grecismo e di filosofia. La sua poetica si prefigge di dare un volto alla bellezza dell'effimero e di ritrarre l'eterno inganno perpetrato dal tempo. A tal fine le sue opere si prendono gioco di continuo dello spettatore, tradendo la percezione della reale consistenza delle strutture esposte. Un blocco di marmo scolpito da Fresu viene giù con un dito; polistirolo, carta, tessuto, sotto la sua mano diventano pesanti come case. Rendendo così il senso della caducità delle cose, lo scultore italiano fa uso per le sue creazioni di materiali riciclati, rifiuti di lavorazioni industriali, e scarti di un economia di consumo che velocizza sempre di più il processo di separazione tra ciò che consideriamo in nostro possesso e ciò che sempre più presto cade nell'oblio del disuso. Nell'ultima installazione, scarpe abbandonate, impolverate, sono protagoniste di un colpo d'occhio di nostalgica intimità; se la scelta di panni stesi increspati dal vento suggeriscono una certa leggerezza, il metallo e la ruggine attribuiscono loro la sensazione di gelida e immobile pesantezza. Una pesantezza però tradita dal minimo soffio di vento, quello vero, che ne rivela infine la vera natura. "Il metallo non è metallo -afferma lo scultore- ma spesso cartone o polistirolo travestito da metallo attraverso un gioco di usura e ossidazione del materiale". Colpisce nell'opera la rievocazione di una quotidianità ombrata, defunta, protagonista di una vita ai margini e transitoria. Il sempiterno olocausto vissuto da qualsiasi migrante. Per il viandante di Nietzsche l'ombra aveva il sapore di una redenzione sempre presente e accessibile, l'unica compagnia di un uomo che nel proprio cammino ha scientemente perso tutto, e ciononostante non ha ceduto alla tentazione di fermarsi. La sua gioia non risiede nella meta da raggiungere, ma nel riuscire ad affrontare con passo certo la precarietà che minaccia di continuo il percorso. L'ombra e il suo viandante erano insieme, per Nietzsche, l'unico soggetto credibile per un dialogo edificante. Dialogo che Fresu instaura tra l'opera scultoria e lo spettatore. Se per Nietzsche l'ombra doveva saper parlare, con Fresu ci riesce. |
foto Zatini
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