In alcuni
almanacchi di primo '800 questo sonetto è attribuito a Carlo Goldoni ("il dottor Goldoni"), ma in diverse altre pubblicazioni che lo riportano è indicato come anonimo. Un lettore di questo sito ha pensato che potesse essere stato composto da un suo bisnonno -Francesco Pistorio (e me ne ha mandato fotografia; vedi primo
thumbnail), morto a Messina nel terremoto del 1908- perché fra le carte ereditate ne ha trovato una trascrizione di suo pugno (vedi secondo
thumbnail). Mi è dispiaciuto doverlo deludere, perché in una mia ulteriore ricerca nel web (
Codici Palatini nella Biblioteca Nazionale di Firenze) ho scoperto che il sonetto era compreso in una silloge di versi composti in occasione del trasferimento (1721-22) della Pietà michelangiolesca nel Duomo fiorentino. (Questo verosimilmente fa cadere anche l'attribuzione a Goldoni: quattordicenne?!). Inoltre la trascrizione di Pistorio presenta alcune varianti dal testo della lapide che turbano la metrica di qualche verso.
Comunque il messaggio del bisnipote mi ha fatto molto piacere: significa che non sono il solo a preoccuparmi che la memoria del passato vada al macero e svanisca nel disinteresse.