Adelaide Di Segni, romana, si era sposata nel 1916, a 20 anni, con Samuele Calò; nel 1917 nacque
Davide, poi si trasferirono a Bologna ed ebbero altri 4 figli maschi e una femmina; poco dopo il padre morì, ad appena 40 anni, e unica risorsa della famiglia fu la licenza di venditore ambulante del primogenito; ma le leggi razziali del 1938 gliela tolsero; nel 1943 sfollarono in campagna, a Savigno, con l'illusione di trovare qualche mezzo per sopravvivere. Alla fine la stessa madre con i 6 figli andò disperata alla locale stazione dei carabinieri chiedendo che fosse "regolarizzata la posizione razziale": voleva dire accettare la deportazione, qualunque cosa essa significasse. Finirono tutti e 7 nei lager e nessuno fece ritorno.
Queste sono sette delle tante vittime dei lager nazisti di cui l'artista tedesco Gunter Demnig ha voluto tramandare il nome con le sue Stolpersteine (letteralmente tradotto significa "pietre da inciampo"): si tratta di cubetti di pietra, sparsi nei marciapiedi di tutta Europa, ciascuno con un nome inciso; in Italia ha incominciato da Roma, ricordando ebrei, zingari, omosessuali, antifascisti, carabinieri che da qui furono deportati nei lager e lì morirono di stenti o furono uccisi.