Emanuele Vittorio Anticoli, nato a Roma il 31/3/1885, era un commerciante con bottega a Viterbo; sposò Reale Di Veroli, nata a Roma il 22/8/1887, ed ebbero come figlia
Letizia, nata a Viterbo il 30/8/1914; Letizia sposò
Angelo Di Porto, nato a Roma il 28/8/1909, e il 18/11/1937 ebbero un figlio, Silvano. Quando nel 1943 le SS. vennero a prelevare l'intera famiglia (forse in seguito ad una spiata) il bambino era presso un'amica di famiglia e quindi scampò miracolosamente alla deportazione; il nonno Emanuele Vittorio non era a Viterbo; Reale Di Veroli proprio allora fu ricoverata in ospedale e venne dimenticata dagli aguzzini; guarì e si salvò. I due sposi deportati nei lager non fecero ritorno; Letizia, pur sopravvissuta ad Auschhwitz, morì di stenti quando i nazisti, nell'imminente arrivo dell'Armata Rossa a liberare quel lager, trascinarono a Mauthausen quelli ancora in vita, con viaggi estenuanti, anche a piedi. Emanuele Vittorio, pure lui arrestato poi a Roma, fu deportato ed ucciso ad Auschwitz.
Queste sono tre delle tante vittime dei lager nazisti di cui l'artista tedesco Gunter Demnig ha voluto tramandare il nome con le sue Stolpersteine (letteralmente tradotto significa "pietre da inciampo"): si tratta di cubetti di pietra, sparsi nei marciapiedi di tutta Europa, ciascuno con un nome inciso; in Italia ha incominciato da Roma, ricordando ebrei, zingari, omosessuali, antifascisti, carabinieri che da qui furono deportati nei lager e lì morirono di stenti o furono uccisi. Le pietre sono state posate l'8/1/2015. In precedenza era stata affissa una targa sulla facciata del palazzo a commemorare le tre vittime (vedi ultimo
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