Di idee democratiche, si arruolò nella Guardia Civica e, alla nascita della Repubblica Romana (1849), nella Guardia Nazionale. Sposato, padre di 5 figli, si preparava a sostenere l'esame di maestro elementare quando venne arrestato con due amici con l'accusa di essere uno dei mandanti di un attentato ad un prete; dopo due anni di carcerazione venne ghigliottinato.
Per l'attentato al prete don Vincenzo Manci e a suo fratello Giovan Battista, il 16/5/1849, furono portati in giudizio 5 uomini: Cavalieri, Stefanini, Ventroni (poi giustiziati), Torquato Piccioni, latitante, e il ventitreenne Nicola Rigucci. Fu quest'ultimo ad autoaccusarsi di aver materialmente sparato in direzione dei due uomini, assoldato dagli altri 4 per motivi politici; dichiarò anche di aver sbagliato la mira per salvare la vita del parroco. La cosa strana fu che al termine del processo Rigucci venne lasciato libero mentre gli altri furono condannati a morte. Attorno alla vicenda si svilupparono le più varie dicerie; ad esempio si sussurrava che a scatenare tutta l'accusa era stata una zia di Stefanini che voleva la certezza di poter diseredare il nipote. Sicuramente le vicende politiche legate alla instaurazione della Repubblica Romana e al successivo ritorno del papa determinarono scenari confusi e feroci nei paesi dello Stato Pontificio; i 3 ghigliottinati furono alcune delle vittime del clima di paura, sospetto, invidie, rancori personali che alimentarono delazioni e maldicenze. |