L'epigrafe si presenta come un epitaffio dedicato ad una Elia Lelia Crispide da un Lucio Agatone Priscio; imita quelli latini (D.M.=Dis Manibus) ma contiene un testo enigmatico che ha incuriosito da sempre gli amanti dei misteri e ha ricevuto le interpretazioni più varie. Il gioco verbale dichiara ciò che non è il personaggio, per poi affermare che è tutte quelle cose; analogo processo per la causa della (non) morte, per il "dove-non-è", per il rapporto con il dedicatario e per la definizione del luogo su cui doveva essere affissa la targa; e conclude dicendo che "sa e non sa" a chi ha dedicato la lapide. Fra gli
altri studiosi che cercarono di spiegare il mistero ci fu
Ulisse Aldrovandi, che in Elia Lelia intravide una "ninfa amadriade" dell'agro suburbano di Bologna, che fece perdere la testa ad un colto cittadino di metà '500.
Questa targa è tratta da un originale che forse non esiste più; oggi al Museo Civico Medievale ne è conservata una copia più antica. Sembra che un altro esemplare sia in un illustre palazzo privato di
Padova e forse altri due in Francia.