|
|
Uomo politico, scrittore in latino e in volgare, diede a questa lingua nascente una enorme poliedricità espressiva. La sua Divina Commedia è indubitabilmente uno dei grandi capolavori della letteratura mondiale, ma per gli italiani è anche la fucina della loro lingua, da cui sono uscite le più potenti raffigurazioni della realtà e dell'immaginazione.
La targa di sinistra utilizza una similitudine con la pineta di Classe per descrivere un aspetto del giardino dell'Eden, in cima al monte del Purgatorio. La targa di destra raccoglie una manciata di terzine dantesche che citano un bosco; ci sono alcune inesattezze nelle numerazioni dei versi. Non so se queste targhe siano destinate a durare o siano state affisse solo per il 7° centenario della morte del poeta. |
|
|
|
|
|
|
|
|
(Testo)
(sinistra) Dante e i giardini dell’Eden
Vago già di cercar dentro e dintorno la divina foresta spessa e viva, ch’a li occhi temperava il novo giorno, sanza più aspettar, lasciai la riva, prendendo la campagna lento lento su per lo suol che d’ogne parte auliva. Un’aura dolce, sanza mutamento avere in sé, mi feria per la fronte non di più colpo che soave vento; per cui le fronde, tremolando, pronte tutte quante piegavano a la parte u’la prim’ombra gitta il santo monte; non però dal loro esser dritto sparte tanto, che li augelletti per le cime lasciasser d’operare ogne lor arte; ma con piena letizia l’ore prime, cantando, ricevieno intra le foglie, che tenevan bordone a le sue rime, tal qual di ramo in ramo si raccoglie per la pineta in su ‘l lito di Chiassi, quand’Eolo scilocco fuor discioglie Già m’avean trasportato i lenti passi dentro a la selva antica tanto, ch’io non potea rivedere ond’io mi‘ntrassi;
(Purgatorio, XXVIII, 1-24)
(destra) Dante e i giardini dell’Eden
Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura ché la diritta via era smarrita. (Inferno I, 1-2)
Già m’avean trasportato i lenti passi dentro a la selva antica tanto, ch’io non potea rivedere ond’io mi‘ntrassi; (Purgatorio XXVIII, 22-24)
Vago già di cercar dentro e dintorno la divina foresta spessa e viva, ch’a li occhi temperava il novo giorno, (Purgatorio XXVIII, 1-3)
Ed ecco un lustro sùbito trascorse da tutte parti per la gran foresta, tal che di balenar mi mise in forse. (Purgatorio XXIX, 16-18)
Non era ancor di là Nesso arrivato, quando noi ci mettemmo per un bosco che da neun sentiero era segnato. (Inferno XIII, 1-3)
Or mi vien dietro, e guarda che non metti, ancor, li piedi ne la rena arsiccia; ma sempre al bosco tien li piedi stretti». (Inferno, XIV, 138-140)
Finitolo, anco gridavano: «Al bosco si tenne Diana, ed Elice caccionne che di Venere avea sentito il tòsco (Purgatorio XXV, 130-132)
foto Benfenati
|
|
|
|
|
|
|
|
|