La presenza di minerali di mercurio nella zona del
monte Amiata era già nota da tempo quando alla fine dell'Ottocento Enrico Serdini da Montepulciano venne a fare ricerche; era uno stagnaio, ma anche un rabdomante, convinto di riuscire a sentire pure la presenza del mercurio sottoterra. E in effetti le sue indagini misero in luce un giacimento a
cinabro (solfuro di mercurio, dal colore rosso vivo) abbastanza ricco da indurre l'imprenditore Vittorio Emanuele Rimbotti a fondare a Livorno, nel 1897, con capitali tedeschi, la Società Anonima delle Miniere di Mercurio del Monte Amiata. L'interesse economico era dettato principalmente da commesse militari: il liquido metallo era componente essenziale del fulminato di mercurio, detonatore per esplosivi ed innesco per cartucce; una destinazione bellica dunque, quasi in previsione della prossima Guerra Mondiale. Ad Abbadia ci fu così la più grande
miniera di cinabro in Europa, che dava lavoro a 405 persone, quando funzionarono a pieno regime i forni per la lavorazione del minerale; poi fino a 1300 persone; nel 1920 di qui usciva il 20% della produzione mondiale di mercurio. Nel 1918 per motivi strategici la società produttrice tornò in mani italiane, con i capitali della Banca Commerciale Italiana, dell'AGIP dopo il 1945; nel 1976 le miniere furono chiuse, per eccessivo costo di produzione e problemi di inquinamento nella lavorazione del minerale. Adesso ad Abbadia c'è un
Museo che ricorda tutta questa storia.