Difficile è ricostruire con certezza la storia di questo episodio, su cui il Ventennio successivo probabilmente ha tolto, aggiunto, modificato. Posso solo riportare stralci dell'articolo apparso qualche giorno dopo sul
Corriere della sera: «...dopo alcuni incidenti tra fascisti e comunisti... due carabinieri, tali Sebastiano Sgavichia e Capecci Marino, perlustravano la città, quando furono avvicinati e accerchiati da un gruppo di sovversivi. Un giovane di 18 anni, tale Mariano Buratti, comunista, si lanciò contro il carabiniere Sgavichia mentre il padre del Buratti, a nome Torquato, afferrava l'altro carabiniere alle spalle disarmandolo del moschetto». L'articolo prosegue dicendo che il diciottenne strappò la rivoltella a Sgavicchia e gli sparò alla tempia, che l'altro carabiniere faticò a liberarsi dagli aggressori ma riuscì a sparare a Buratti padre. Insomma, al di là degli errori nei nomi, il giornale sembra parteggiare per i due militi, come vittime di aggressione. Dagli
archivi della Pubblica Sicurezza si legge che il ragazzo, figlio di un oste, socialista, ingiuriò i militi e questi reagirono con le mani; da qui il parapiglia; armati comunque erano solo i due carabinieri. Il regime poi promosse Sgavicchia a "martire del Fascismo" e incise anche il suo nome nel monumento eretto a Pesaro e poi demolito alla fine della guerra; nel 1935 gli intitolò pure una colonia balneare. Ovvio quindi che dopo il 1945
Torquato Buratti sia stato considerato "vittima del Fascismo".