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Dove si trova via Mirabello -   Torreglia,  PD
Soggetto Madonna con Bambino
Segnalato da PL
"Sul finire del XVII sec., il vescovo di Padova Gregorio Barbarigo, nel corso di una visita pastorale a Torreglia, fu talmente colpito dall’intelligenza di un giovinetto, nativo del luogo, di nome Giacomo Fasolato (1682-1769), da portarselo con sé a Padova per farlo studiare. Questo giovane, assai versato per le lettere, divenne celebre latinista con il nome latinizzato di Jacopo Facciolati, autore di quello che é considerato il primo autorevole vocabolario latino. Jacopo restò sempre legato al paese natio, tanto che ampliò ed abbellì a sue spese l'antica chiesa parrocchiale di San Sabino nella zona collinare, mentre ai parrocchiani della pianura donò la bella statua della Madonna, probabile opera di Francesco Rizzi, allievo dei Bonazza. La statua fu collocata nella piazza che tuttora si chiama “Capitello”. Nel 1811, i torregliani affidarono a don Benedetto Fiandrini, vice abate presso la vicina celebre abbazia di Praglia e noto architetto, autore tra l’altro, del chiostro di San Vitale in Ravenna, l’incarico di edificare un capitello per ospitare la Madonna che Facciolati aveva loro donato e che, collocata nella piazza, era esposta alle intemperie. Il Capitello del Fiandrini e la Madonna furono spostati varie volte per la necessità di ampliare la piazza. Da ultimo, nel luglio del 1956, il Comune dispose la demolizione del capitello e la statua fu collocata su uno scialbo ed anonimo obelisco di cemento. Ne seguì un lungo contenzioso giudiziario tra la Soprintendenza ai beni ambientali ed il Comune, contenzioso che si concluse con l’obbligo per il Comune, che fortunatamente aveva conservato quasi tutti i frammenti, di ricostruire il capitello. Il 13 maggio 1972 la Madonna ritornò nel suo grazioso tabernacolo e ricollocata al centro della piazza, dove tuttora si trova, a poche decine di metri dal luogo dove si trovava la casa natale del Facciolati. La casa originale non esiste più ma sull’edificio sorto in sua vece sono collocate due lapidi" (Mario Mancusi).
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