Aveva un negozio di articoli sportivi, ma ne dovette affidare ad altri la gestione quando furono emanate le leggi razziali (1938); dopo l'Armistizio e il più stretto controllo tedesco sulla RSI, si rifugiò nel Lecchese cercando di confondersi nell'anonimato; un suo ex dipendente però lo richiamò a Milano con la falsa notizia che il negozio, chiuso, era stato svaligiato; trovò invece le SS, che lo arrestarono e lo illusero della liberazione dietro il pagamento di un riscatto; ma un giorno lo prelevarono dal carcere e lo fecero sparire. I suoi genitori, pur avendo trovato rifugio in una casa di cura gestita da suore cattoliche, furono deportati e il
padre morì durante il tragitto, a Bolzano.
Questa è una delle tante vittime dei lager nazisti di cui l'artista tedesco Gunter Demnig ha voluto tramandare il nome con le sue Stolpersteine (letteralmente tradotto significa "pietre da inciampo"): si tratta di cubetti di pietra e ottone, sparsi nei marciapiedi di tutta Europa, ciascuno con un nome inciso; in Italia ha incominciato da Roma, ricordando ebrei, zingari, omosessuali, antifascisti, carabinieri che da qui furono deportati nei lager e lì morirono di stenti o furono uccisi.
Questa pietra è stata posata l'1/2/2021, con cerimonia e partecipazione molto limitate a causa della pandemia.