Episodio che rappresentò uno spartiacque nella storia italiana del primo dopoguerra, tanto che da questo momento Mussolini decise che doveva essere calcolato il tempo dell'Era Fascista.
Si trattò di un raduno di fascisti da tutto il paese diretti a Roma, aggressivi e minacciosi, decisi a farsi consegnare il potere politico o a conquistarlo con la forza; alla partenza erano circa 30000, all'arrivo erano forse più che raddoppiati. In realtà il pericolo di una sanguinosa azione eversiva non c'era perché i bivacchi dei dimostranti attorno alla capitale avrebbero potuto essere facilmente dispersi dall'esercito se il re avesse dato l'ordine, nonostante che molti dei fascisti impugnassero armi e nei due anni precedenti avessero mostrato la loro facilità ad usarle in scontri con i loro oppositori, specialmente socialisti e comunisti. Ma quell'ordine non venne, probabilmente perché la corte e i poteri forti d'Italia trovavavano più pericolosa la spinta riformatrice o rivoluzionaria delle sinistre, in forte crescita di consensi dopo l'esperienza bellica e postbellica. Il re invece affidò l'incarico per la formazione del nuovo governo a Mussolini, che diede ai suoi l'ordine di smobilitazione; non mancarono comunque scontri nei quartieri operai di Roma, con feriti e morti, ma la mina di uno scontro ancor più sanguinoso venne disinnescata. In compenso si apriva per l'Italia un ventennio di progressiva perdita della libertà e di ancora più orribili vicende con l'ingresso nella II Guerra Mondiale.